Da Avvenire on line.
...Tre decenni fa, anni Settanta, si esaltava la «socialità dell'economia»...Ora, lo scenario sembra diverso. Addirittura capovolto. Poco manca si celebri la famosa diagnosi di Guido Carli, ex Governatore della Banca d'Italia, ex ministro del Tesoro, ex presidente della Confindustria: «L'Italia non diverrà un Paese moderno finché non si libererà dei lacci e lacciuoli che la stringono» (era il 1984). ...
Alla politica, ai governi, si chiede non di «gestire», ma di «governare». In un'ottica coincidente con la riscoperta del «cittadino-consumatore», nonché delle virtù (a lungo assai poco considerate), del «cittadino imprenditore», specie se piccolo, sembra volersi inserire, in positivo, il governo. Coi ministri Bersani e Rutelli a far da apripista. «Liberalizzare», proclamano. Benissimo. Ma sembra che anziché scalfire i basamenti della piramide del consociativismo politico-economico rivelatosi predatorio nei confronti del consumatore finale, del cittadino qualunque, abbiano scelto una strada obliqua. A un preliminare esame (che vorremmo smentito), assistiamo alla incomprensibile caccia a quegli speculatori, redditieri di posizione, che toserebbero le masse: taxisti, tabaccai, benzinai, agenti assicurativi. Financo gli edicolanti. Sono davvero loro i colpevoli delle punizioni inflitte ai portafogli dei consumatori? I problemi dell'Italia, che in fatto di «liberismo economico» è 82esima nelle classifiche mondiali, sono riassumibili in poche mosse: far piazza pulita della burocrazia; obbligare alla concorrenza (e non di facciata) imprese come Eni, Enel, Telecom, le cui tariffe al consumo se non sono scandalose poco ci manca. Quindi mettere la mordacchia alla voracità di un sistema bancario-finanziario autoreferenziale. Allora, sì, che tutti capirebbero! Al contrario, il far credere che liberalizzando taxi, edicole, farmacie e quant'altro si compia la «grande rivoluzione» ha tutta l'aria di un espediente gattopardesco: far credere che tutto cambi mentre tutto - o quasi - resta come prima. Un rischio che nessun governo che voglia durare può ragionevolmente correre
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