Secondo me e' giusto passare alla TV digitale terrestre, ma per ragioni diverse da quelle per cui e' stato deciso.
La TV analogica e' basata su tecnologie obsolete e usare in modo piu' efficiente lo spettro e' un semplice fatto di ottimizzazione. (per la verita' il concetto dovrebbe estendersi fino ad arrivare ai Supercommons di Werbach (vedi paper su www.Equiliber.org, sezione TLC)).
Se qualcuna delle frequenze liberate (pregiate perche' passano tutti i muri) venisse assegnata a progetti di ricerca di consorzi, universita' e quelle poche aziende di elettronica che ci sono rimaste, (ad esempio per lavorare su meshed networks wireless P2P e il fractal routing) secondo me sarebbe solo positivo.
Si potrebbe sentire anche il loro parere, mi pare.
La deadline del 2006 per il completamento del passaggio, se non ricordo male, fu decisa dal governo Amato mentre gli incentivi economici per accelerare l'adozione furono decisi dal governo Berlusconi.
Questo per dire che, se errore c'e' stato, e' stato nopartisan, e quindi ne parlo, dato che nel mio blog, come noto, si parla solo di temi nopartisan.
La ragione politica che spingeva al DTT era l'aumento delle emittenti broadcast televisive. Fatto deciso a Bruxelles per tutta Europa e recepito in Italia dal governo Amato, come detto.
Questo era "wishful thinking", un errore e lo dicevamo in tanti tecnici (inteso come "addetti ai lavori con le mani in pasta", indipendenti da societa' quotate e dalla finanza). Ma la decisione fu politica.
Alcune delle ragioni dell'errore le abbiamo sfiorate anche ieri al convegno su media e pubblicita' che ho curato per Exane-BNP Paribas.
Sulla TV generalista, la TV che mette "in esposizione" (per dirla come Pieranna Calvi di Sipra), conta molto la facilita' di scelta, il brand e l'interfaccia utente, l'usabilita', diceva Confalonieri. Aiuta avere scelte non infinite (ridurre i prodotti esposti facilita la scelta).
Il futuro e' diverso, c'e' un cambio di paradigma ricordava Hartsarich di Aegis (1,2Bn di budget pubblicitario gestito).
Il futuro e' nel cavo, nella TV che mette "a disposizione" (per dirla sempre come Pieranna) e qui interviene pesantemente il tema di tecnologie di social networking e le trasformazioni che devono pervadere i broadcaster (Euan Semple, 21 anni in BBC, che ne ha seguito la trasformazione digitale).
E' questa la TV che sara', ieri e' emerso abbastanza chiaramente.
E' questa la TV che deve essere oggetto di attenta regolamentazione procompetitiva per non uccidere la concorrenza nella culla, IMHO.
E l'incentivo maggiore, io credo, non sono i soldi o la propensione di spesa per i dispositivi, come dimostra la telefonia cellulare, ma la motivazione per spenderli.
La disponibilita' dei contenuti (direttamente e a tutti) e i sistemi di social networking per l'aggregazione (il nuovo palinsesto).
E' per questo che giudico l'uso piu' efficiente dello spettro una cosa positiva, l'articolo 6 del contratto di servizio Rai **LA** cosa importante e i contributi, tutto sommato, un errore di percorso.