Ciascuno di loro ha pubblicato un articolo su MF di oggi.
Iniziamo con il prof. Prosperetti che scrive:
Titolo: Costruire la nuova rete non significa cambiare le regole del mercato
L'articolo poi, come si vedrà, propugna per l'opposto: eliminare l'orientamento al costo, introdurre la segmentazione geografica contrariamente ad adesso, cambiare la remunerazione del capitale
Con le proposte avanzate nei giorni scorsi dal Comitato istituito dall'Autorità per le comunicazioni, presieduto dal prof. Vatalaro, il dibattito su come accelerare lo sviluppo delle reti di accesso di nuova generazione (Next Generation Networks, o NGN) sta finalmente diventando concreto, e si profilano ragionevoli soluzioni. Con queste proposte, il pubblico dibattito ha fatto un buon passo avanti,
Tutti gli operatori alternativi infatti hanno abbandonato quel tavolo... peccato che lo dica in fondo all'articolo quando la maggiranza dei lettori avrà già girato pagina..
abbandonando la chimera di un grande intervento pubblico (lo Stato non ha neppure una frazione dei soldi necessari),
Infatti, deve solo avere una frazione... La leva finanziaria che si puo' avere, organizzando bene la cosa, e' almeno 1:6, ovvero con 4 miliardi investiti dallo stato (meno dell'importo per l'ammodernamento delle piste di fiumicino, per capirci) si fa FTTH in tutt'Italia.
o l'idea di costringere in qualche modo Telecom Italia a regalare ai propri concorrenti l'uso della propria rete (è un'azienda privata: perché mai dovrebbe? E poi, come obbligarla?),
"regalare" ??? chi ha MAI parlato di regalare ? i modi ed i prezzi con cui Telecom "regala ai propri concorrenti l'uso della propria rete" sono stabiliti da AGCOM e le tariffe sono proprio di recente aumentate (+26,6% in 5 anni); le regole prevedono sempre tariffe regolamentate... sui modi per una partecipazione all'ammodernamento, poi, basterebbe vedere cio' che sta facendo l'Australia
e si va indirizzando sulla questione concreta di come realizzare la transizione dalla rete attuale (prevalentemente in rame, ma con importanti aree già coperte in fibra ottica ad altissima capacità) a quella di nuova generazione.
molto importanti.. grossomodo 300.000 accessi su 22.000.000, pari all'1,4%
Le proposte del Comitato - a differenza di diverse altre che sono circolate - sono finalmente organiche, nel senso che riguardano sia la fase transitoria, nella quale nuove reti in fibra ottica coesisteranno con la rete in rame, sia quella finale, nella quale porzioni crescenti della vecchia rete saranno «spente» per essere integralmente sostituite con nuove reti.
Qui si parla di "switch off". La tesi di questo paragrafo e' che sia bene che le reti (vecchia in rame e nuova in fibra) coesistano e poi si spenga quella in rame. Uno deve stare attendo ad esprimere dei desideri, perchè poi corre il rischio che si avverino... Se le due reti coesistono, i ricavi si ripartiscono su due reti e quello che ha fatto l'investimento non viene ripagato in tempi ragionevoli. Pero' anche chi ha la rete precedente ha una emorragia di clienti verso la rete piu' prestazinale e questo spostamento rischia di avvenire non gradualmente ma di botto, con tutti gli oepratori alternativi che spostano i propri clienti sulla rete nuova. Insomma, e' una strategia che minaccia di fare del male a tutti perche' cosi' si ritiene di dissuadere l'altro.
E' un caso tipico da teoria dei giochi: due auto lanciate una contro l'altra, il primo che devia perde. La strategia miglore e' accelerare e buttare il volante dal finestrino, in modo che l'altro lo veda. Questa e' il ruolo della politica: determinare le condizioni perche' un comportamento socialmente desiderabile avvenga.
Le proposte sono anche dettagliate, come è indispensabile in questa complicata materia, ove davvero il diavolo è nei dettagli.In primo luogo il Comitato propone di adottare, coerentemente con gli orientamenti più recenti della Commissione europea, soluzioni diverse in aree diverse, distinguendo tra quelle ove la domanda di servizi che utilizzeranno queste NGN sarà verosimilmente molto elevata, e quelle ove la domanda sarà più ridotta e non vi sarà spazio per più reti.
Questo e' "similvero" nel senso che la Commissione dice che, se si fa una analisi di mercato e si vede che in una determinata zona c'e' concorrenza, allora in quelle zone si possono fare regole diverse. Solo che le analisi di mercato appena fatto dicono che in Italia c'e' un unico mercato di dimensione nazionale. Forse quindi piu' similfalso che similvero..
...In quarto luogo, gli obblighi devono essere proporzionali all'interesse pubblico da perseguire: se questo non è più soltanto quello di aprire una rete già esistente alla concorrenza, ma di favorire lo sviluppo di nuove reti preservando la concorrenza, è ragionevole non prevedere più uno stretto orientamento al costo delle tariffe di accesso.
.. infatti.. la raccomandazione NGA dice che la modalità standard di prezzo del bitstream deve essere l'orientamento al costo, mentre il retail-minus puo' avvenire se vi è una situazione con significativi vincoli competitivi a sfavore dell'operatore dominante ("where there are sufficient competitive constraints on the downstream retail arm of the SMP operator").
Se si prendesse questa strada, nessun operatore riuscirebbe a convincere i propri azionisti che sia ragionevole investire e le nuove reti non si svilupperebbero: il prezzo di accesso deve dunque ovviamente coprire i costi operativi ma anche remunerare il rischio, che negli investimenti in nuove reti è estremamente elevato.
"orientamento al costo" significa "costo + remunerazione equa del capitale investito". (non gratis, quindi, come lasciava presagire l'inizio dell'articolo, ma chissa' quanti lettori sono arrivati fin qui, e quanti hanno invece abbandonato all'inizio dell'articolo con l'idea che "gli operatori alternativi vogliono la rete gratis"). Il quanto debba essere questa equa remunerazione è l'argomento del contendere: se fosse molto alta, l'operatore all'ingorosso potrebbe perdere quattrini nella vendita al dettaglio e "rifarsi" con i concorrenti nel mercato all'ingrosso, laddove i concorrenti non hanno alternative. Se ci fosse una netta divisione con un bel conto economico separato, magari con due societa' quotate in borsa (come erano Telecom e TIM e come e' ancora Telecom Italia Media) sarebbe assai agevole vedere che non ci siano sussidi e sarebbe il mercato azionario a indirizzare il rendimento della parte all'ingrosso (quotata) dimostrando chiaramente l'apprezzamento per un titolo piuttosto che per l'altro...
Naturalmente le proposte del Comitato devono essere discusse, e alcune di esse possono senza dubbio essere migliorate, anche se alcune di esse risultano sgradite ai concorrenti di Telecom Italia, molti dei i quali hanno preso l'inusuale decisione di abbandonare il Comitato.
"molti" = tutti meno H3G; diciamo che quelli rappresentati diretta o indirettamente al tavolo erano una cinquantina e ne e' rimasto uno...
* professore di Politica economica alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Milano
Passiamo ora al prof. Frova che scrive:
Titolo: La partita sulla fibra si gioca tra competitività e concorrenza
È ormai unanimemente accettato che le reti a banda ultralarga, quelle che ci permetteranno di disporre dai 30 megabit al secondo in su, costituiscono condizione imprescindibile per lo sviluppo futuro: non è più un problema del settore delle tlc e dell'Ict, è una condizione necessaria nel confronto competitivo dei sistemi economici. Per almeno tre motivi l'Italia, più di molti altri Paesi europei (e non), trarrebbe ampio giovamento dalla disponibilità ampia e immediata (compatibilmente con i tempi tecnici della stesura) di una rete NGN. Primo, il ritardo tecnologico: già oggi siamo staccati nelle classifiche internazionali della dotazione di banda ultralarga, sia in termini di stock che di dinamica. Secondo, dominanza dell'ex incumbent nell'accesso: siamo, fra i Paesi europei, uno di quelli in cui la concorrenza nell'accesso è meno sviluppata. Terzo, recupero di produttività: siamo indubitabilmente uno dei Paesi europei che maggiormente anela a recuperi di produttività nel sistema economico, recuperi che non saranno certamente possibili – in termini comparati – se non avremo una NGN moderna e concorrenziale.La Raccomandazione della Commissione Ue in tema di accesso alle NGN appena approvata nell'ambito del pacchetto Broadband è un documento importante, che come tutti i documenti comunitari riflette l'esigenza di trovare un non facile equilibrio di interessi. Interessi che in questo momento ruotano intorno a due temi di fondo: da un lato mantenere e se possibile migliorare il livello della concorrenza nel settore delle tlc attraverso una regolamentazione efficace dell'operatore storico, dall'altro stimolare gli investimenti nelle NGN in una fase di grande sofferenza dei bilanci aziendali e nazionali.Vi sono nel documento importanti elementi che indirizzano il processo di regolamentazione delle reti NGN. In particolare, vengono mantenuti gli obblighi di fornitura dell'unbundling (Ull) in capo agli operatori con significativo potere di mercato (i cosiddetti Smp) anche sulle reti in fibra;
viene introdotto l'obbligo di accesso ai cavidotti dell'operatore storico a prezzi orientati al costo effettivo; si introducono meccanismi (rimedi, nella terminologia tecnica) a tutela della concorrenza rispetto alla migrazione da rame a fibra; si ribadisce l'obbligo per l'operatore dominante di offrire l'accesso bitstream all'ingrosso ai concorrenti con adeguato anticipo rispetto alla commercializzazione di offerte al dettaglio da parte dell'impresa dominante.
...Quali le possibili ricadute della Raccomandazione EU sul dibattito e sulle decisioni di investimento in Italia? Mi paiono molto importanti, perché da un lato indeboliscono le argomentazioni di Telecom Italia, che sulla NGN chiede tempi oggettivamente lunghi e mostra chiara antipatia a soluzioni di co-investment; dall'altro rafforzano invece le tesi degli operatori concorrenti (i cosiddetti Olo: Vodafone, Wind, Fastweb, Tiscali, eccetera), che ormai con voce quasi univoca si offrono di partecipare a un progetto unico di investimento che veda la creazione in Italia di una rete infrastrutturale moderna, aperta a tutti, trasparente e non discriminatoria.
La parola "OLO" sebbene sia gergale sarebbe bene iniziare a smetterla di usarla perchè fuorviante. E' l'acronimo di "Other Licensed Operators" ovvero altri operatori titolari di licenza. Pero' le licenze non esistono piu'. Quando esistevano le licenze, c'erano operatori di serie A ed operatori di serie B : gli OLO che facevano telefonia e internet e gli OTA (operatori titolari di autorizzazione) che facevano solo internet. Le rgole sono cambiate da alcuni anni ed adesso esiste una sola serie di operatori; non ci sono piu' le licenze, ci sono solo gli OTA e tutti gli OTA hanno pari diritti e doveri di fronte alla legge (anzi, per dirla tutta, i piccoli costituzinalmente dovrebbero essere piu' protetti, in ragione della parità sostanziale di trattamento, avendo loro meno possibilità, ma mi fermo qui, ai margini del diritto costituzionale).
In realtà ci troviamo ad un punto di svolta: se prevarranno scelte di architetture di rete non pro-competitive il rischio di tornare ai monopoli del passato sarà più che un rischio, diverrà una quasi certezza;
Qui lo ripeto. Evviva. One Network, in monopolio, all'ingrosso, con tariffe regolamentate.
se invece si andrà verso la soluzione che anche la Raccomandazione Ue lascia intendere essere preferibile, avremo non solo una rete migliore e più adatta all'evoluzione futura della domanda, ma anche condizioni migliorative della concorrenza del settore e della produttività e competitività del sistema economico italiano. Forse è giunto il momento che il sistema Paese – governo, istituzioni, imprese – si dimostri capace di dare attuazione a un progetto che, sulla carta, non può che giovare a tutti. O no?
* professore di Finanza aziendale dell'Università Bocconi