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17/12/2010

Commenti

Gianmarco Carnovale

Stefano, puoi essere *certo* che il numero di sim farlocche è enormemente superiore. 6,8 milioni è un numero da dare in pasto alla stampa come ammissione che il fenomeno fosse rilevante, ma non tanto da far tremare gli analisti.
Sono stato direttore commerciale di una catena di negozi che era dealer TIM, fino al 2006: erano gli agenti Telecom a venire in sede a fare terrorismo con i tabulati ("ne avete attivate solo 100! Abbiamo 4 ore per farne 900, altrimenti dal prossimo anno vi togliamo dalla rete!") l'ultimo giorno disponibile, e fare notte ad attivare le sim insieme ai commessi, dicendoci di volta in volta qual'era il metodo per aggirare i blocchi e raggiungere i target. Occhio che i target di attivazione erano *sempre* irrealistici di almeno un'ordine di grandezza, ma fissati dalla stessa Telecom in sede di convention insieme agli obbiettivi di vendita di apparati.
Ora, devi considerare che le convention TIM (una prima del Natale e l'altra prima dell'estate) ci impegnavano commercialmente i periodi di maggiore affluenza commerciale, per almeno il 50% del fatturato conseguibile nei periodi stessi. Il margine nominale sugli apparati stessi (prezzo ufficiale di vendita meno costo d'acquisto) consisteva in un mark-up del 6/7% lordo, mentre il premio di attivazione - oltre al margine diretto, del 20% - sulle sim poteva essere anche 3 o 4 volte il margine di vendita di un cellulare, ed il raggiungimento del target comportava un moltiplicatore.
Per capirci meglio, poniamo che il mio target natalizio fosse il sell-out di mille telefoni e mille attivazioni di sim (assumption tutto iva inclusa, ma le sim card sono iva esenti):
- telefoni prezzo medio 200 euro per mille pezzi
- sim da 40 euro (con 50 di traffico) per mille pezzi
- totale fatturato lordo 250mila euro con margine di 10-12mila euro sui telefoni e 10mila sulle sim.
- premio raggiungimento target telefoni (aka sell-in, bastava ritirarli tutti): 15.000 euro.
- premio da *attivazione* sim (cioè intestazione a nome di qualcuno, anche un dipendente del negozio) ulteriori 5 euro a sim.
- premio moltiplicatore dal raggiungimento dei due target (cioè ritiro dei cellulari, ed attivazione di tutte le sim): x3 sul target telefoni.

Capisci da solo che il tutto era studiato per obbligare i dealer a seguire il meccanismo: se non arrivi al target sei fuori rete (e perdi pedonabilità per i servizi, oltre a flussi di cassa attivi enormi per il fatturato da ricariche), e comunque rispettando le regole si margini 20mila euro su 250mila di fatturato (insostenibile anche solo per coprire i costi). Mentre, se stai al gioco, oltre ai 20mila ti prendi altri 50mila euro. Ovviamente cifre teoriche, in realtà questi "premi" li compensi con le fatture da pagare per esserti gonfiato il magazzino di telefonini e sim card che farai di tutto per vendere nei mesi successivi. Le sim saranno già attive ed intestate a qualcuno che non sarà mai l'acquirente reale, perchè a quel punto nessuno ha interesse a perdere 15 minuti per volturarle al terminale fotocopiando i documenti del cliente.

Tutto questo è durato ben più di due anni, ed era una pratica seguita (con meno ardore e perversità nei meccanismi di compensation) anche dagli altri tre operatori mobili.

veditu

Una cosa che non ho mai capito: ma gonfiare i numeri sulle SIM non andava ad impattare negativamente sull'ARPU?

Stefano Quintarelli

leggi bene il commento di Gianmarco..

veditu

Sarò gonzo, ma a quale passaggio ti riferisci?

Stefano Quintarelli

ah, ops.
che differenzai sell-in da sell-out
larpu basta calcolarlo su quelli del periodo precedente..

Gianmarco Carnovale

Non solo: la prassi diventava facilmente (come da suggerimento degli stessi agenti TIM) che le troppe sim "preattivate" in magazzino dei dealer venissero nei mesi successivi svendute ai clienti come minuti di traffico ("la prenda a soli 30 euro, ci sono dentro 50 euro di traffico telefonico, è come se prendesse una ricarica a metà prezzo... quando ha finito il credito la può buttare").
In pratica molto "arpu" veniva pagato dal margine eroso dei dealer.
E comunque il dato arpu non ha mai voluto dire molto, perchè non certificato da nessuno ed avente un perimetro diverso tra un operatore e l'altro: per esempio un operatore ci metteva dentro la quota parte della vendita del telefonino spalmata in tot mesi. Per altri l'arpu si calcolava solo sulle schede che avevano realmente generato traffico nell'ultimo trimestre, ma poi se anche erano "silenti" per un anno le conteggiavano lo stesso quando andavano a dichiarare il numero di clienti.
Dire che fosse un mercato drogato, è poco.

Marco

Interessante sul Corriere di ieri la supponenza di MTP rispetto alla non richiesta di azione di responsabilità, per non aver commesso nulla di illegale.
È chiaro che devono aver beneficiato dei fondo Telecom proprio in tanti: politici, privati, americani, ...

enrico

qualche domanda:
1. adesso siamo sicuri che le cose non vadano più così?
2. se gli altri operatori facevano lo stesso, come mai non si parla di azioni legali nei loro confronti?
3. se i dealer non ci marciavano, perchè non hanno denunciato il fatto?
4. il "drogaggio" del mercato è iniziato con il duo tronchetti-ruggiero o era già in atto prima?
5. se si fossero applicati criteri rigorosi alle comunicazioni sociali di altri fornitori di servizi telco o di accesso internet (numero abbonati, traffico, ecc) inclusi quelli andati in borsa tra 98 e 2002 (tiscali, inet, fastweb), quanti ne sarebbero usciti in regola?

Gianmarco Carnovale

1. No.
2. Gli altri non sono quotati.
3. Hai idea della sproporzione nei rapporti di forza tra una telco ed un dealer? Il dealer tipico dell'epoca, quello monobrand, *viveva* del rapporto con la telco, denunciare il fatto (a chi, poi? siamo in Italia...) per molti significava chiudere l'attività. La mia azienda era atipica: con 5 punti vendita, contratti con tutte le telco, una società di distribuzione collegata, ufficio legale interno, procedure e prodotti/servizi codificati sul sistema gestionale, eravamo in bilico tra il canale dealer e quello delle grande distribuzioni (dove queste cose credo non le facessero). Da noi ogni "canvass" delle telco doveva passare per direzione commerciale, amministrazione e logistica per essere analizzato e codificato nei meccanismi, e produrre istruzioni chiare per i punti vendita. Tutte le nostre perplessità passavano per l'ufficio legale, che ci ha sempre raccomandato di fare le "stranezze" solo durante la presenza fisica degli account delle telco nei punti vendita, facendo anche lasciare traccia via email di quanto si fossero fermati, cosa si fosse fatto, e che si seguissero pedissequamente istruzioni date da loro.
4. I meccanismi fortemente incentivanti erano "scuola" Sentinelli, replicata dalle altre telco, ma allora era ancora un mercato di penetrazione, per cui era solo una corsa a fare più clienti in un mercato plafonato. Quando si è arrivati a quasi una sim per cittadino tra i 16 ed i 60 anni, sono iniziate le forzature.
5. Sul fisso non c'erano questi problemi. Forse solo tiscali fece delle operazioni del tutto a perdere, come quando distribuì cuffiette e servizi voip attraverso i mediaworld (erano tempi in cui voip significava semplicemente non parlare), e disse in giro che erano andate benissimo.

enrico

@ gianmarco
grazie innanzitutto.
i punti 1, 3 e 4 mi sono chiari, per il 2 mi risulta che vodafone sia quotata e per il 5 ho il forte sospetto che l'abitudine di gonfiare i numeri dei clienti e i fatturati sia pratica corrente anche per gli operatori fissi, sia pure con modalitaà differenti.
comunque l'azione di responsabilità proposta dal management attuale di telecom italia riflette più il desiderio di distogliere l'attenzione da risultati gestionali disastrosi che l'intenzione di moralizzare il mercato

Gianmarco Carnovale

@enrico:
2-bis. Evidentemente Vodafone capogruppo riesce a certificare i bilanci delle partecipate senza andare troppo in profondità. Tieni anche presente che l'Italia è storicamente l'unità del gruppo che fa più profitti.
5-bis. Quello che succedeva di "storto" nel mercato del fisso passava per le agenzie ed i call-center: parliamo di attivazioni fantasma di contratti adsl, servizi iptv, profili tariffari sconvenienti (chi si ricorda di teleconomy no-stop?), ecc ecc. Per quasi un decennio c'è stato un mercato floridissimo fatto di srl che nascevano, prendevano un mandato di agenzia con una o più telco (ma anche con Sky...), facevano *di tutto* (intendo anche inventarsi completamente i contratti) per raggiungere i target di fine anno, e poi incassavano i soldi e chiudevano la società. Con il nuovo anno si ricominciava con una società pulita, così se per caso la magistratura fosse intervenuta non si sarebbe potuto risalire a nessuno per contestare le false attivazioni. Il problema è che questi numeri non erano gonfiati, si trattava di clienti e fatturati che venivano realmente incassati anche se frutto di sistemi-truffa in cui le telco erano più che conniventi, direi ideatrici e mandanti. Questa storia è finita quando è nato l'obbligo di allegare la registrazione della telefonata con consenso esplicito dell'utente.

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