The Newspaper Business Implodes.
Peggio della musica vanno i quotidiani.
In italia la situazione e' complicata dai sussidi statali per la stampa (che fa stampare molte copie a tutti), dai sussidi per gli organi di partito e dalla alta concentrazione di investimenti pubblicitari verso la TV a scapito degli altri settori.
La situazione appare veramente difficile e non mi pare che questa ottima rpesentazione di Varian indichi strategie particolari, se non "provateci"
Newspaper economics, Online and Offline (03/13/2010 Hal Varian FTC Preso - Revised)
Certamente bisogna cambiare, ma come ?
[via Business Insider]
Ci sono delle realtà imprenditoriali che, a un certo punto, o spariscono o si devono rimodulare attraverso pesantissimi downsizing in quanto cambiano le condizioni al contorno che prima ne sostenevano il business, qualche esempio:
1)i fotografi che sviluppano le foto :-)
2)il mondo dell'editoria
3).... le TELCO? :-)
....
Non vi vedo nulla di strano, solo chiedo di evitare l'accanimento terapeutico.
Scritto da: Antonio | 29/03/2011 a 19:10
Eh, avevan voglia a puntare sul multimediale, hanno sbattuto il naso contro i tg televisivi che, con l'arrivo della banda larga, si son cacciati sul web...
Ora delirano di iPhone, perchè alla gente *piace* pagare le notizie che sul pc ha gratis...
Quello che mi preoccupa sono le truppe di giornalisti sfornati dalle facoltà.
Dove li reimpieghiamo?
Scritto da: Zingus | 30/03/2011 a 02:57
Il calo si può spiegare almeno in parte con la crisi economica. Se la recessione del 2001 ha prodotto un calo del 10%, quella del 2007-8 in proporzione dovrebbe aver causato un 20% almeno.
Per il restante, mi chiedo dove siano stati spostati gli investimenti pubblicitari. Verso TV, radio? AdSense?
Forse i diminishing returns per la pubblicità via internet sono più ripidi che per gli altri media, per cui si ha saturazione prima e le aziende investono meno?
Se le TV via cavo sono riuscite a sopravvivere in un mercato in cui era presente un'offerta gratuita (ad-supported), perché non dovrebbero poterci essere giornali e riviste on-line a pagamento? Dipende dal modello di subscription? Non esistono abbastanza contenuti di qualità? O l'esistenza delle search engine permette di trovare più facilmente i contenuti di qualità che si vogliono, rendendo inutili gli aggregatori di contenuti?
Scritto da: Stefano | 30/03/2011 a 09:13
Uno degli aspetti cruciali della rete, nonché uno dei punti cardine del manifesto di Wired, è che internet rappresenta libertà di parola e di pensiero.
Un libero scambio di idee, dove ci si informa e disinforma e dove ciò che funziona (e ciò che non funziona) emerge rispetto al resto perché supportato dall'esperienza dei singoli individui, che hanno modo di condividerla attraverso il mezzo stesso.
Internet sta cambiando totalmente le regole del marketing e ridefinendo le logiche con cui le persone scelgono i prodotti. Ormai il prodotto di massa, il prodotto medio per utenza media, sta tirando le cuoia. Ciò che sta emergendo è un mercato sempre più consapevole e sempre più esigente. Un prodotto di qualità cucito addosso all'utenza.
Come possono i quotidiani continuare a fare informazione come hanno fatto finora? Le grandi testate giornalistiche fanno ancora fatica a capire che cambiare media non vuol dire trasferire semplicemente l'informazione da un mezzo ad un altro, ma vuol dire che l'utenza si approccia ad essa in maniera totalmente diversa.
L'informazione generalista, approssimativa, sovvenzionata dai partiti, non piace. Non piace agli internauti che si sentono su un pulpito più alto rispetto al passato.
Informazione reale, puntuale e diretta, servizi tarati su target sempre più precisi. Questo sarebbe un ottimo punto di partenza. Snellire le strutture, buttare fuori dalla nave quelle zavorre ipersindacalizzate entrate in queste strutture per raccomandazioni politiche.
Questo forse non risolverebbe il problema, ma sicuramente ridarebbe un minimo slancio ad un settore decisamente in crisi.
Scritto da: Giuseppe Ripa | 12/04/2011 a 00:13