« Di spada e fioretto | Principale | E' morto John McCarthy, all'età di 84 anni »

25/10/2011

Commenti

Marco Pizzo

Da oltre 20 anni frequento Berlino e ogni volta che ci vado prendo una boccata di ossigeno. Fra le tante differenze ho sempre pensato che due siano fondamentali:
- cultura che si è trasformata in ecosistema
- età media della classe dirigente !

Ovviamente ci sono anche molte altre motivazioni che è inutile elencare, le sappiamo tutti, rappresentano il nostro Paese (il più sviluppato del terzo mondo).

Gianluca

Le mie risposte "di pancia":
1) la cultura italiana (e Milano - che pure adoro non fa eccezione) e' improntata alla gerontocrazia e, per l'effetto
2) il Sistema Italia ha paura e diffidenza del nuovo
3) culto della "rendita di posizione"
4) conoscenza lingue straniere ridicola (come si puo' pensare di catalizzare idee globali quando una bella fetta della "classe dirigente" non conosce nemmeno l'inglese?)

Riccardo

La domanda è perchè ci siamo ridotti così?
C'è un problema di attitudine prima ancora che di reale stato delle cose.
C'è una tale assurda paura del nuovo, anche nei miei amici coetanei sui 40, che si è stati a lungo disposti (e lo si è ancora evidentemente) ad accettare uno status quo che lentamente, senza scossoni ma con una deriva continua, si è trasformato dal sogno della bella vita nell'incubo di tempi sempre più cupi.

Per paura di perdere quello che si ha come individui siamo disposti a perdere quello che ancora abbiamo come collettività (l'elenco sarebbe troppo lungo).
Per pavidità siamo disposti ad arrivare al punto in cui ci verrà imposta una cura molto peggiore di quella che potremmo con senso di responsabilità dare a noi stessi. E quando ce la imporrano gli altri, tra poco, sarà nel loro interesse, non nel nostro.
Al voto, l'unico modo democratico che abbiamo per cambiare la "testa" del paese, dovremo mettere da parte il calcolo egoistico e votare chi promette un cambiamento vero, radicale, distruttivo (nel senso shumpeteriano).
Dobbiamo avere il coraggio di cambiare a partire proprio dal voto, e nel frattempo, nella vita di tutti i giorni, dobbiamo avere il coraggio di accettare la realtà e ripartire da dove siamo, ovvero una situazione di gravissima difficoltà, in cui abbiamo perso molto, ma non tutto.

Andrea Galli

Provate ad affittare una casa da che so, 60 mq, sulla metropolitana a Milano o a Berlino... a Milano costa il doppio! Provate ad uscire una sera a Berlino o a Milano: Milano costa molto di più. Il cibo costa uguale. I mezzi pubblici costano di più a Berlino ma hanno una copertura temporale e spaziale eccezionale.

Senza contare che Berlino è molto più viva culturalmente di Milano. Posto che uno stipendio tedesco è anche meglio di uno italiano, e che la Germania ha meno rischi di noi di avere grossi guai finanziari o sociali, secondo voi dove va chi esce dall'uni e ha voglia di lavorare?

Gianluca

Esempio fulgido della mia tesi di cui sopra sub 1, 2 e 3 (tratto dalla cronaca, per cui e' tutto matter of public record): oggi a Milano si discute il cautelare Apple-Samsung.
I contendenti sono difesi dal Prof. Vanzetti (classe 1930) e dal Prof. Sena (classe 1930).
'Nuff said.

Stefano Bagnara

Forse si potrebbe dimostrare anche sub 4, sentendoli pronunciare i nomi dei prodotti e delle tecnologie delle quali discuteranno :-)

Anto

durante la guerra fredda i ragazzi che decidevano di trasferirsi a Berlino ovest venivano esentati dal servizio militare.
Questo ha prodotto una migrazione di massa di fricchettoni e creativi dagli anni della summer of love in avanti, e questo ha fornito alla citta' un humus culturale unico.
Va bene che i miei amici Berlinesi sono un po' freak, pero' a Belrino ho continuato a vedere mostre d'arte e feste con ingressi a un paio di euro in capannoni abbandonati....cose che a Milano o nell'hinterland ci sognamo...
Ripeto un humus culturale unico...Esattamente lo stesso humus che stanno cercando di cancellare a Milano.

Stefano Bagnara

A milano sanno che con la cultura non si mangia! ;-)

Stefano Sutti

L'Italia è molto prona, oltre che talora ai facili entusiasmi, all'idea della resa "con onore", della "forza delle cose" e dell'espiazione collettiva come strumento di salvezza.

Per questo è facile preda da un lato della retorica propagandistica della "responsabilità" (verso interessi essenzialmente altrui!), della serie "Abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi" come dice Napolitano - chi ha deciso quali devono essere questi mezzi? perché non facciamo qualcosa per aumentarli? come può essere, se le risorse umane e naturali non sono cambiate di un milligrammo da prima della crisi?

Dall'altro, delle sirene ideologiche della decadenza accettata, cfr. il mito della "decrescita felice".

La decrescita non sarà affatto felice, sarà devastante. Anzi, lo è già.

I commenti per questa nota sono chiusi.