L'antefatto è questo accordo.
Google recusa pagar por notícias nacionais.
come ho trovato questa news ? con google news in portoghese, ovviamente.
google news porta traffico, ma la monetizzazione del traffico non basta.
la questione non è tanto il traffico diretto da google e che google sia la destinazione principale online.
il punto è che non è sufficientemente remunerativo monetizzare traffico con ADV.
la tecnologia consente una esplosione esponenziale della quantità di contenuto prodotto; viene meno la barriera oligopolistica lato offerta caratterizzata da costi di produzione ed economie di scala.
il contenuto prodotto (anche da questo blog!) compete per l'attenzione degi lettori che si distribuiscono su più properties, frammentando enormemente l'offerta.
i contenuti generati dagli utenti (anche nei social networks) competono nel budget temporale e di lettura; affiancano e sostituiscono anche le scelte editoriali nella discovery e segnalazione di informazioni.
conseguentemente i grandi aggregatori di traffico (google, facebook) hanno solo costi tecnologici (spalmati su tutto il mondo) e non di contenuto e comeptono nello stesso mercato pubblicitario delle testate,pertanto con un vantaggio di costo non raggiungibile da chi ha costi di piattaforma e di contenuto da remunerare solo su un mercato locale.
questo vantaggio di costo porta ad un prezzo della pubblicità online basso, sufficiente per remunerare lautamente un player tecnologico globale ma insufficiente per un operatore locale che deve assommare costi tecnologici e di contenuto. (conseguentemente, se anche l'operatroe globale distribuisse tutti i propri margini ad altri, non cambierebbe di un millimetro la loro posizione)
in un sistema connesso (quale quello online) gli inserzionisti hanno tutte le metriche con rilevamenti diretti e puntuali per valutare accuratamente su quali propoerties investire e su quali no, su quali la pubblicità è più efficace.
nei sistemi disconessi (giornali e magazine cartacei) la destinazione dell'investimento è solo inferita sulla base di analisi di mercato e profilazione dei target del mezzo, ma che nulla dicono sulla reale efficacia dell'investimento nell'attirare l'attenzione del target.
questo tende a spingere verso i media online e, sui media online, valutare il ritorno reale. la concorrenza è trasparente e pienamente informata.
in un sistema disconnesso, il prezzo della pubblicità è legato ai costi di produzione, soprattutto in un contesto di alti costi variabili. fare il giornale costa x, ci stanno y pubblicità, è facile fare il prezzo.
nel mercato hanno tutti tecnologie simili, con vantaggi di costo non rilevantissimi, per cui i prezzi, a parità di audience (e quindi di ampiezza del target), sono simili. stesso discorso per il costo del lavoro. c'è variabilità, ma non certo di un ordine di grandezza.
in un sistema connesso, con costi quasi totalmente fissi (quali quelli delle piattaforme tecnologiche) consentono un prezzo della pubblicità variabile e non definito dai costi, quindi definito lato offerta (da cui il meccanismo delle aste) che conseguentemente è associato ai margini incrementali realizzabili dall'inserzionista.
prezzi non determinati quindi dai costi di chi aggrega l'attenzione, ma dai ricavi di chi la sfrutta.
per riassumere:
Google news c'entra ben poco..
Google recusa pagar por notícias nacionais.
A Confederação Portuguesa dos Meios de Comunicação Social (CPMCS) reuniu pela primeira na semana passada com responsáveis portugueses e espanhóis da Google mas o pedido de pagamento pelos conteúdos jornalísticos no Google News foi rejeitado, revela hoje a Reuters. No entanto, as negociações prosseguem, garante Albérico Fernandes.
O presidente da CPMCS revelou ainda que a Google – que não comenta o assunto – terá feito uma proposta semelhante à apresentada na França em Fevereiro passado para a modernização do sector e na ajuda a tornar os conteúdos mais lucrativos.
come ho trovato questa news ? con google news in portoghese, ovviamente.
google news porta traffico, ma la monetizzazione del traffico non basta.
la questione non è tanto il traffico diretto da google e che google sia la destinazione principale online.
il punto è che non è sufficientemente remunerativo monetizzare traffico con ADV.
la tecnologia consente una esplosione esponenziale della quantità di contenuto prodotto; viene meno la barriera oligopolistica lato offerta caratterizzata da costi di produzione ed economie di scala.
il contenuto prodotto (anche da questo blog!) compete per l'attenzione degi lettori che si distribuiscono su più properties, frammentando enormemente l'offerta.
i contenuti generati dagli utenti (anche nei social networks) competono nel budget temporale e di lettura; affiancano e sostituiscono anche le scelte editoriali nella discovery e segnalazione di informazioni.
conseguentemente i grandi aggregatori di traffico (google, facebook) hanno solo costi tecnologici (spalmati su tutto il mondo) e non di contenuto e comeptono nello stesso mercato pubblicitario delle testate,pertanto con un vantaggio di costo non raggiungibile da chi ha costi di piattaforma e di contenuto da remunerare solo su un mercato locale.
questo vantaggio di costo porta ad un prezzo della pubblicità online basso, sufficiente per remunerare lautamente un player tecnologico globale ma insufficiente per un operatore locale che deve assommare costi tecnologici e di contenuto. (conseguentemente, se anche l'operatroe globale distribuisse tutti i propri margini ad altri, non cambierebbe di un millimetro la loro posizione)
in un sistema connesso (quale quello online) gli inserzionisti hanno tutte le metriche con rilevamenti diretti e puntuali per valutare accuratamente su quali propoerties investire e su quali no, su quali la pubblicità è più efficace.
nei sistemi disconessi (giornali e magazine cartacei) la destinazione dell'investimento è solo inferita sulla base di analisi di mercato e profilazione dei target del mezzo, ma che nulla dicono sulla reale efficacia dell'investimento nell'attirare l'attenzione del target.
questo tende a spingere verso i media online e, sui media online, valutare il ritorno reale. la concorrenza è trasparente e pienamente informata.
in un sistema disconnesso, il prezzo della pubblicità è legato ai costi di produzione, soprattutto in un contesto di alti costi variabili. fare il giornale costa x, ci stanno y pubblicità, è facile fare il prezzo.
nel mercato hanno tutti tecnologie simili, con vantaggi di costo non rilevantissimi, per cui i prezzi, a parità di audience (e quindi di ampiezza del target), sono simili. stesso discorso per il costo del lavoro. c'è variabilità, ma non certo di un ordine di grandezza.
in un sistema connesso, con costi quasi totalmente fissi (quali quelli delle piattaforme tecnologiche) consentono un prezzo della pubblicità variabile e non definito dai costi, quindi definito lato offerta (da cui il meccanismo delle aste) che conseguentemente è associato ai margini incrementali realizzabili dall'inserzionista.
prezzi non determinati quindi dai costi di chi aggrega l'attenzione, ma dai ricavi di chi la sfrutta.
per riassumere:
- esplosione esponenziale dei contenuti prodotti
- frammentazione delle audience
- competitor tecnologici e non di contenuti
- economie di scala globali per tecnologie senza costi locali di contenuti
- misurabilità dell'efficacia vs. non misurabilità
- prezzo determinato dalla domanda e non dall'offerta
Google news c'entra ben poco..
E' una questione molto complessa che merita una riflessione approfondita ed a 360 gradi (ovvero da tutti i punti di vista degli attori coinvolti). Sono comunque considerazioni per la maggior parte condivisibili (anche se, a mio modesto parere, non del tutto). Il sistema attuale penalizza non solo gli editori (per le ragioni ottimamente rappresentate da Quintarelli) ma anche e soprattutto i c.d. "prosumers" che - sic stantibus rebus - sono demotivati (e finanche scoraggiati) dal creare propri contenuti ed alimentare l'ecosistema.
Scritto da: Eurolegal.it | 28/03/2013 a 09:03
Concordo pienamente con l'analisi, il che mi porta a ribadire che alcuni finti liberisti hanno per anni parlato nel passato di libero mercato e concorrenza, quando in realtà eravamo in presenza di oligopoli consciamente od inconsciamente mascherati.
Ora che in alcuni settori la produzione può essere svolta senza che le vecchie economie di scala possano agire a protezione delle rendite di posizione spero che i vecchi beneficiari capiscano cosa significa stare dalla parte di chi non ha alcuna protezione.
Il VERO liberismo (quello che intendeva Adam Smith) tende prima o poi a cancellare le economie di scala perché esisterà sempre un modo tecnologico nuovo per produrre grandi quantità in modo efficiente ed efficace senza dover concentrare la capacità produttiva in pochi individui; in altri termini l'evoluzione naturale della tecnologia è quello di creare processi produttivi sempre meno concentrati (così funziona l'evoluzione darwiniana) ... oserei dire che non è un caso che le rivoluzioni tecnologiche iniziano nei garage e non nelle multinazionali :-)
Scritto da: Dino Bortolotto | 31/03/2013 a 20:53