Wikimedia Foundation “può essere qualificata, secondo quanto indicato dalla normativa di origine comunitaria, quale hosting provider nella gestione dell’enciclopedia online Wikipedia, da cui consegue, secondo i principi generali sanciti dalla predetta normativa, una generale esenzione di responsabilità del gestore, il quale si limita ad offrire ospitalità sui propri server ad informazioni fornite dal pubblico degli utenti”. È quanto si legge nella sentenza del 10 luglio scorso della Prima sezione civile del Tribunale di Roma.
Il giudice monocratico Damiana Colla ha dovuto pronunciarsi su una querela presentata dal Movimento Italiano Genitori (Moige) con una richiesta di risarcimento danni per diffamazione. In sostanza, la Onlus lamentava la presenza di “informazioni inesatte” sulla pagina ad essa dedicata, nella quale figuravano anche passaggi dai quali emergeva nel complesso un’immagine negativa dell’associazione. Il Moige, si legge nella sentenza, “ha infine evidenziato di avere invano inoltrato alla convenuta richieste scritte e diffide, nonchè tentato di effettuare, sia prima che dopo l’instaurazione del giudizio, la procedura di modifica della pagina in contestazione secondo quanto previsto dal sito stesso dell’enciclopedia, il tutto senza l’esito auspicato ed il conseguente blocco dell’account degli utenti che avevano proceduto in tal senso per conto del Moige”.
Per il Tribunale “occorre premettere che la convenuta, in quanto soggetto stabilito al di fuori dello spazio economico europeo (società avente sede in California), non risulta direttamente soggetta alle disposizioni del decreto legislativo n. 70/2003, espressamente riservate, ai sensi dell’art. 2 lett. c), ai soli servizi prestati da soggetti stabiliti in paesi UE, sebbene tali disposizioni – costituendo un sistema organico di norme volte a disciplinare nel nostro ordinamento i rapporti conseguenti alla libera circolazione dei servizi della società dell’informazione – possano essere considerate quali principi regolatori della materia al fine di valutare se la condotta della parte convenuta, pur esaminata sotto il profilo della normativa interna, possa o meno configurare un illecito diffamatorio”.
Wikimedia, qualificata come hosting provider, è dunque chiamata a rispondere degli illeciti commessi sulle pagine dell’enciclopedia “solo qualora, non appena a conoscenza di tali fatti su espressa comunicazione delle autorità competenti, non si attivi per rimuovere le informazioni illecite o per disabilitarne l’accesso, come previsto dall’art. 17, terzo comma, d.lgs. n. 70/2003, secondo il quale il provider è civilmente responsabile del contenuto di tali servizi nel caso in cui, richiesto dall’autorità giudiziaria o amministrativa avente funzioni di vigilanza, non ha agito prontamente per impedire l’accesso a detto contenuto, in tal modo risultando il provider sollevato, secondo la normativa europea, dall’obbligo di controllo”.
“Estremamente chiara, oltre che confermata dalla documentazione allegata – prosegue la sentenza – risulta infatti la descrizione delle modalità operative di Wikipedia, enciclopedia online dal conten
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